Il terremoto avrebbe dovuto insegnare ad avvicinarsi di più, perchè tutti hanno vissuto lo stesso dolore (R.Venezia)
Non si può scavare, le macerie del cuore sono troppo pesanti (R.G.)

venerdì 13 marzo 2009

Quale scuola?

Quale scuola?
Si parla di scuola e non si specifica di quale realta' si tratti.E' variegato
l' universo scolastico,non e' un blocco di granito come la pensano in molti o
in pochi(lo speriamo!)
Senz' altro la scuola non e' lo "schifo"comunemente ripetuto dai non addetti
ai lavori ma anche da addetti che,come avviene in tutte le istituzioni, sono
inadeguati a svolgere i compiti loro assegnati ,abili solo a denigrare il ruolo
culturale che il mondo della scuola e' ancora capace di svolgere e svolge ,
nella nostra societa'.E' innegabile che tanti cambiamenti sono avvenuti o sono
in atto e, chi piu' dei docenti, deve essere in grado di affrontare le nuove
problematiche di una generazione vissuta nel benessere a portata di mano e
che, molto presto, dovra' confrontarsi con le trasformazioni determinate dalla
crisi economica con relativi risvolti.Ogni epoca ha le sue connotazioni ,i suoi
problemi,la storia si ripete ,e' la stessa pur con qualche variante in una
metropoli come in un paese, gli insegnant,i quelli onesti e validi che non
mancano anche oggi,
danno il meglio ai loro studenti, per prepararli ad affrontare la societa' ,
la vita.
Chissa' se la scuola di ieri,di anni e anni fa, quella di fine ottocento
elitaria e conformista, quella del colonialismo eroico a cui bisognava
conformarsi ammirandone lo spirito, quello del ventennio fascista o dei
proclami antisemiti sia stata una buona scuola ,abbia preparato gli individui
di un tempo al valore della verita' della giustizia, della tolleranza.
Rispetto allo "schifo " tanto sbandierato nei riguardi della scuola odierna,non
sembra proprio!!


Mariarosaria del Guercio

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Non tutta la scuola fa schifo!
La scuola che manifesta in piazza contro una riforma che nessuno conosce fa schifo.
La scuola in cui gli alunni prendono a calci e pugni un ragazzo down fa schifo.
La scuola del sostegno come misura per creare occupazione tra gli insegnanti fa schifo.
La scuola affidata alle cure di ministri che non capiscono un accidente di scuola fa schifo.
La scuola dei progetti dal nome altisonante ma inutili fa schifo.
la scuola che non insegna nemmeno a leggere scrivere e far di conto fa schifo.
La scuola dei dirigenti bravi solo a fare cassa fa schifo.
La scuola che non si rende conto dello schifo in cui si trova e che quindi non riuscirà a cambiare fa schifo.

Anonimo ha detto...

Come su ogni altro argomento, anche sulla scuola si tende a generalizzare.
Mi trovo in sintonia con la sig. Del Guercio e anch'io sono convinta che, come in ogni settore, anche nella scuola vi sono buoni e cattivi "maestri".
Negli ultimi tempi ho notato una certa strumentalizzazione della scuola: mettere al collo di bambini dell'asilo dei cartelli contro una riforma che era ancora in divenire mi è sembrato squallido.
La riforma può anche non essere condivisa in ogni suo aspetto ma soffermarsi sul grembiulino è stato davvero troppo (anche se proprio il grembiulino potrebbe riportare, almeno alle elementari, quel senso di uguaglianza che si è perduto nel voler griffare anche i più piccoli).
In tv e sui giornali si è posto l'accento sugli aspetti più esteriori di una riforma che di certo non è ottimale ma almeno ha il merito di aver avviato una discussione politica.

Anonimo ha detto...

Cmq vorrei fare un applauso a quel genio che va in giro a pubblicare gli indirizzi ip,parzialmente,dei lettori del blog

UN BELL APPLAUSO ALLA TUA IDIOZIA.

DIMOSTRI LA TUA STUPIDAGGINE,BRAVO.

Anonimo ha detto...

Scusate non ha nulla a che vedere con il post ma a giugno si vota per quell` inutile ente che e` la provincia.
Vivendo lontano vorrei sapere ndrecchiole riguardo eventuali candidature paesane.
Un candidato e` gia` uscito allo scoperto seguendo il suo credo ideologico, ma gli altri che fanno?
Tenetemi infornato.
Grazie e Ciao.

Anonimo ha detto...

Se la scuola fa schifo
l` universita` italiana e` messa peggio.
Ogni volta che qualche ministro parla di riforma baroni e futuri baroni (rappresentanti studenti)scendono in piazza indipendente dal colore politico del govrtno.
Ma perche`?

Dal sito www.ilgiornale.it

Roma - Guai a chi tocca i privilegi dei baroni. Messaggio ufficiale: «In queste condizioni non sarà possibile dare inizio al prossimo anno accademico». Messaggio implicito: «Toccate i nostri soldi e noi blocchiamo tutto». Parla il Senato accademico de «La Sapienza» di Roma. Parla per tutti e promette battaglia contro la manovra finanziaria del governo.

È la rivolta dei privilegiati, perché chi è pronto a scendere in piazza ha stipendi e contratti signorili, si siede su una cattedra e insegna, ascolta gli studenti e sceglie se promuovere o bocciare. E poi va all’incasso: tanti soldi per una mole di lavoro sorprendentemente bassa. Perché si lamenteranno che gli Atenei non funzionano, si metteranno a piangere per compensi che a loro sembrano bassi, ma che a scorrerli non sembrano niente male.

NON SI FATICA
Nel decreto del Presidente della Repubblica numero 382 del 1980, il testo di legge che da trent’anni disciplina il lavoro dei cattedratici, si legge che i professori ordinari a tempo determinato devono assicurare «la loro presenza per non meno di 250 ore annuali», e che, se a tempo pieno, sono tenuti anche «a garantire la loro presenza per non meno di altre 100 ore annuali (...) per l’assolvimento di compiti organizzativi interni». Calcolatrice alla mano, sarebbero la bellezza di ventinove ore al mese, meno di un’ora al giorno. Questo se i professori lavorassero, irrealmente, tutti i santi giorni dell’anno.

MENO DI 4 ORE AL GIORNO
A dare la giusta dimensione dell’impegno degli accademici ci ha pensato la Ragioneria generale dello Stato, che nel Conto annuale del personale, pubblicato a metà maggio di quest’anno sulla Gazzetta Ufficiale, ha ufficializzato il carico di lavoro giornaliero: tre ore e trentanove minuti, cinque giorni su sette. Sempre poco: soprattutto considerando che queste ore non sono tutte dedicate all’insegnamento, ma anche alle sessioni d’esame, alle partecipazioni alle commissioni di laurea e al ricevimento degli studenti.
C’è chi dice che il lavoro intellettivo non può essere cronometrato e ingabbiato in schemi fissi. Vero. Resta però il fatto che gran parte delle persone in solo tre giorni (chi addirittura in due) lavora l’equivalente delle ore che un professore affronta in un mese. I dati pubblicati dalla Ragioneria hanno fatto scalpore, tanto che il Sole24Ore ha dedicato un articolo approfondito sul tema; e, se ai rapporti statali hanno preferito fare orecchie da mercante, all’accusa della stampa i professori si sono scatenati. Duecentoquaranta ordinari, appartenenti a quindici atenei italiani, hanno affidato il loro sdegno a un documento redatto dalla professoressa Lilla Maria Crisafulli, docente di storia e lingue inglese a Bologna: «Se ovunque - si legge - specie all’università, la qualità dovrebbe prevalere sulla quantità, in realtà non basterebbero neppure le 24 ore giornaliere per tener testa a quello che la coscienza del docente e l’immaginazione e curiosità del ricercatore che è in ognuno di noi ci spingono a fare, per l’evoluzione scientifica dei nostri studenti e l’aggiornamento e approfondimento delle conoscenze nei nostri settori disciplinari».

Sorvolando sul fatto che per tutte le altre figure professionali la giornata lavorativa si adatta alle ore scritte nere su bianco sui contratti di assunzione, la domanda è spontanea: quanto rende essere titolari di una cattedra? Poco, se rapportato alle 24 ore di impegno intellettivo che i professori rivendicano. Decisamente tanto, se riferito a quello che effettivamente la legge chiede loro.

L’AUMENTO AUTOMATICO
Nelle tabelle delle retribuzioni dei professori ordinari del 2008, si può toccare con mano cosa vuol dire l’avanzamento dell’anzianità di servizio all’interno delle facoltà: appena entrato nell’alma mater, un professore ordinario percepisce 4.373 euro lordi al mese. Dopo 28 anni di lavoro, gli euro sono diventati 8221,39. Prendiamo di nuovo in mano la calcolatrice e scopriamo che un’ora di lavoro di professore ordinario a tempo pieno al quattordicesimo scatto d’anzianità vale 283,49 euro. Roba da competere con i top manager delle multinazionali più grandi dal mondo. Senza però sobbarcarsi lo stress di un manager. Nelle università italiane, come nel resto della pubblica amministrazione, basta aspettare, e il tempo farà da solo: l’incedere delle lancette dell’orologio equivale sempre a un aumento di soldi. A prescindere dal lavoro prodotto. Non stupisce quindi il fatto di avere in Italia uno dei corpi docenti più vecchio del mondo: solo il 15 per cento dei dirigenti, l’otto per cento dei professori associati e l’uno per cento dei professori ordinari ha meno di quarant’anni.

Saluri a tutti.

Anonimo ha detto...

Non capisco come si possa negare che la scuola, questa scuola, quella cioè che tutti i giorni frequentano i nostri figli, è una scuola in difficoltà, in crisi profonda, di valori, di idee, di metodi.
Devastata da decenni di riforme senza senso ed impoverita da migliaia di progetti inutili, da una classe docente che per anni è stata reclutata senza selezione vera, offrendo rifugio contro la disoccupazione a centinaia di incompetenti sfaticati.
Ovvio che non si può fare un unico calderone, che ci sono professionalità indiscusse ed indiscutibili che meritano rispetto e considerazione; sono proprio costoro che meritano una scuola diversa in cui sia esaltato il valore del merito non solo per gli alunni ma anche per i docenti. I professori (quelli veri), gli alunni e noi tutti, che ancora crediamo nel valore dell'istruzione, dell'educazione e della cultura, meritiamo una scuola "diversa", con meno dirigenti burocrati e "progettisti", meno fannulloni, meno bulli e meno parassiti che si nascondono dietro al lavoro degli altri.