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martedì 24 marzo 2009

I Pon, soliti sprechi e vere opportunità

(Ottopagine 24 marzo 2009)
Dovrebbero mettere in pari i nostri studenti, ma non sempre
L’Unione europea e la scuola da anni hanno stretto un patto: per colmare il divario di apprendimento fra le diverse realtà didattiche dei vari paesi, vengono messi a disposizione dei fondi. Un po’ come si fa per le infrastrutture o per l’ammodernamento delle imprese, l’Ue interviene nelle sacche di maggiore disagio con i Pon, acronimo che sta per Programma Operativo Nazionale.
Questo programma, già sperimentato in altre due precedenti fasi (1994-1999 e poi 2000-2006) consente alle scuole delle Regioni meridionali, con una attenta programmazione, di ottenere i Fondi Europei. Con i Fondi FESR si implementano le dotazioni scientifico- tecnologiche: gli istituti progettano l’ammodernamento, l’ampliamento o la realizzazione stessa di laboratori e la dotazione di strumentazione, ovviamente adeguata al proprio programma didattico.
Con i Fondi FSE, invece, si dovrebbe corrispondere agli obiettivi di Lisbona, ovvero promuovere il successo scolastico e l’inclusione sociale, migliorare le conoscenze e le competenze dei giovani e dei docenti. I fondi FESR per le dotazioni tecnologiche non portano problemi, sono utilissimi. Per i fondi FSE si può programmare di tutto: approfondimenti di Italiano e Matematica, che ben vengano, viste le basse competenze dei giovani nelle rilevazioni internazionali; corsi per docenti perché impostino meglio l’attività didattica; corsi di Inglese per le Certificazioni; corsi per l’uso dei Computer, attività per promuovere il successo scolastico e così via.
Tutto filerebbe liscio se, proprio in conseguenza della solita gestione sarchiaponica di ogni fondo che arriva dall’Europa, le “regole” imposte per l’attivazione dei programmi non si fossero, via via, fatte sempre più difficili e complicate.
In pratica, l’Ue ed il Ministero, per evitare sprechi, hanno immaginato un complicatissimo sistema di analisi preventiva dei costi e degli obiettivi. E non solo. Ogni istituto deve, costantemente, valutare la programmazione messa in campo e verificare se gli obiettivi si stano raggiungendo. Un lavoro pesante che spesso toglie agli insegnanti e ai dirigenti scolastici il tempo per dedicarsi a quello cui prioritariamente devono dedicarsi: l’insegnamento e la cura dell’ambiente di apprendimento.
Qui s’innesta il solito discorso del bicchiere mezzo pieno e di quello, al contrario, mezzo vuoto. La verità è che nessun istituto scolastico, dalle elementari alle media superiori, riesce più a farne a meno. Non solo si tratta di risorse ingenti, ma si tratta anche di opportunità importanti che, se ben gestite e programmate, effettivamente fanno compiere un salto di qualità a tutta l’attività didattica. E c’è un altro aspetto: i Pon sono risorse cui sempre più spesso attingono professori e cosiddetti “esperti” per incrementare i propri guadagni.
Le figure esterne, quelle che appunto afferiscono all’esperienza, non di rado sono sempre le stesse che, di anno in anno e di scuola in scuola, ruotano offrendo la propria professionalità curriculare. Quindi, pur di non perdere i fondi, si programma di tutto: approfondimenti in Italiano e Matematica, Latino nella scuola media (perché?), e poi attività di vario genere, non solo teatro o attività corali – benemerite - ma anche danza e yoga, e paccottiglia varia per cui gli studenti difficili socializzano il pomeriggio per venire sistematicamente bocciati al mattino.
Ma i fondi sono tanti, i piani delle scuole sono approvati quasi totalmente, anche quelli con paccottiglia. Tra bandi, ricerca degli esperti, riunioni e quanto richiesto dalla normativa, le attività per gli studenti non iniziano se non a febbraio inoltrato per concludersi entro maggio. Nel frattempo le scuole svolgono scrutini, si lavora sulle nuove indicazioni, sull’obbligo; nelle scuole superiori si sperimenta la procedura complessa dei debiti.
Ora, un corso di 50 ore, per esempio, che consenta la certificazione nelle lingue straniere, avviato in febbraio, con due ore alla settimana, uniche sopportabili per gli studenti, sfora i tempi e non consente che le certificazioni possano svolgersi in maggio, data prevista dai vari Enti Certificatori. Non c’è il tempo per una programmazione distesa, considerando i tempi ristretti del secondo quadrimestre, le vacanze pasquali, i viaggi di istruzione, le votazioni - sempre nelle scuole - la fase finale di chiusura dell’anno scolastico.
Molti professori commentano negativamente l’organizzazione e tra chi ne ha fatto per più anni esperienza diretta gli interrogativi sono quasi sempre gli stessi, rintracciabili in decine di siti a questi argomenti dedicati: «Dove si trovano esperti qualificati in uno stesso periodo? Dove sono gli albi? Un intrecciarsi di telefonate convulse tra i dirigenti scolastici: hai un buon formatore per l’italiano? Un buon animatore di gruppo? Telefonate alle Associazioni Professionali. Non si trovano i formatori per italiano, matematica, scienze e per le tante attività proposte. Rischi gravissimi.
I fondi europei rischiano di essere inefficaci, di perdere la loro ragion d’essere se l’attuazione è convulsa e l’obiettivo di non perdere i finanziamenti prevarica la reale capacità di incidere sulle questioni per cui sono stati previsti.
E’ difficile avere il coraggio di perdere i fondi perché sui Fondi Europei ci guadagnano tutti: i presidi, i segretari, i tutor, i bidelli. Come si fa a far passare la linea che non vi sono i tempi tecnici per attuarli seriamente e quindi i fondi si rinviano al mittente»? Forum, chat, articoli: sui Pon in questi anni si è sviluppata una letteratura corposa.
Tra favorevoli e contrari, alla fine un dato comune emerge: i tempi per l’autorizzazione alla spesa non sono adeguati e calibrati con i tempi della scuola e delle regole che la buona gestione dell’orario didattico normale impongono. La vecchia storia della programmazione che non si riesce a realizzare e se si pensa che i Pon sono prerogativa delle regioni italiane (Campania, Calabria, Puglia) più disagiate il resto viene da sè. Siamo sicuri che gli interventi straordinari consentano di migliorare le competenze e rispondere ai bisogni formativi che emergono durante le attività curricolari?
Siamo sicuri che i docenti, le segreterie, i presidi, persi dietro le procedure complesse della progettazione europea, non perdano di vista la relazione serena con gli studenti e il clima di lentezza produttiva e seria che è il meglio della scuola? Cambia veramente la scuola se puntiamo sulle attività pomeridiane? La rivoluzione vera della scuola non passa forse da una diversa articolazione del tempo scuola, dalla qualità degli spazi, da una organizzazione delle attività didattiche dei docenti funzionali davvero ai bisogni degli studenti?

3 commenti:

Sammy ha detto...

Le foto vanno mandate come allegati, volete ricordarlo?

Anonimo ha detto...

e quanto si' scucciante

Anonimo ha detto...

cosa e' quel profilo stupido di mm?Forse e' uno scherzo?