Mentre la parità è ancora lontana, oggi si celebra il rito consumistico tra mimose, cene tra amiche e spogliarelli
Ma che c'avremo da festeggiare noi donne? Tutto il giorno a lavorare, spesso il doppio degli uomini per far capire al capo (uomo) che non siamo delle minus habens. E una volta tornate a casa di stendersi sul divano almeno 5 minuti non se ne parla. Varcata la soglia del «focolare domestico» inizia il doppio lavoro per nulla remunerato e assai faticoso. Elmetto in testa e spray urticante in mano, poi, quando usciamo per strada. Che la violenza, lo stalking, sono sempre dietro l'angolo. I carnefici agli arresti domiciliari o, peggio, liberi. Le vittime con la vita distrutta.
Ci dite cosa ce ne facciamo di tutte queste mimose (che puzzano pure) che ci vengono offerte dall'altra metà del mondo il giorno dell'8 marzo? A maggior ragione ora che ci vengono a dire che dobbiamo lavorare sino a 65 anni, senza tener conto che la giornata delle donne dura ben più di 24 ore...
Dovremmo fare un manifesto, allora, delle parole del ministro della Gioventù, Giorgia Meloni che la festa della donna vuol sostituire con la più moderna e sensata «festa del merito e della solidarietà tra uomini e donne». Allora addio mimose, scegliamoci pure un altro fiore magari meno «invadente» in quanto a profumo. E tra una cena con le amiche e uno spogliarello maschile (ahimé), come dice ancora la Meloni: evitiamo di «cadere nella trappola di omologarci agli uomini» sulla strada dell'emancipazione.
Siamo troppo poche nei posti che contano, è vero. E l'ha sottolineato anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ieri al Quirinale in occasione della celebrazione dell'8 marzo che ha visto, tra l'altro un cambio della guardia tutto al femminile. La violenza sessuale contro le donne è un'infamia. A prescindere da quale sia la nazionalità del carnefice o della vittima. E la lotta per difendere i diritti dell'universo femminile va combattuta nel rispetto della Costituzione. Così ha parlato il Capo dello Stato aggiungendo che è grazie alla Costituzione che «i valori più preziosi per le donne» come l'emancipazione, la libertà, l'uguaglianza e il pieno riconoscimento dei meriti sono diventati principi e poi diritti. È vero, ammette Napolitano, che si stanno facendo «passi in avanti nel reagire ad ogni sorta di violenza contro le donne e ad ogni sorta di pratica lesiva della loro dignità», le donne, comunque, sottolinea il Presidente, non sono solo vittime di violenze, stupri, molestie e vessazioni, ma anche di disparità di trattamento sul lavoro e da un punto di vista salariale.
E in un momento come questo della crisi finanziaria ed economica, «che dà segni piuttosto di ulteriore aggravamento che non di allentamento», «non possiamo non chiederci quanto rischi di essere particolarmente colpito il lavoro femminile: tema sul quale ancora non si vede concentrarsi abbastanza l'attenzione, la riflessione e l'impegno». Non vogliamo pensare, però, nel prossimo futuro, di leggere dati statistici a conferma del fatto che se c'è da tagliare, le prime a saltare possano essere le donne.
Sul fronte violenza, intanto, che sta diventando negli ultimi tempi, caldissimo, soprattutto nelle grandi città, quest'anno la Giornata internazionale della donna Unicef si occupa proprio del problema che «disonora il mondo: ogni giorno le donne e le ragazze affrontano violenze domestiche, sfruttamento e abuso sessuale, la tratta di esseri umani», dice il direttore generale dell'agenzia Onu Ann M. Veneman che aggiunge: «questi crimini restano impuniti».
Lasciateci dire che la vera mimosa, da parte dell'universo maschile, sarebbe quella di sotterrare l'ascia di guerra e smettere di usare ogni tipo di violenza nei riguardi delle donne.
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