Il terremoto avrebbe dovuto insegnare ad avvicinarsi di più, perchè tutti hanno vissuto lo stesso dolore (R.Venezia)
Non si può scavare, le macerie del cuore sono troppo pesanti (R.G.)

martedì 14 aprile 2009

I nuovi eroi della vergogna !

Medico denuncia clandestina: espulsa
di Angela Pederiva
Primo episodio in Veneto. Il primario: «Il mio collega è stato scorretto»
CONEGLIANO (Treviso) – Era finita a dormire dove le ca­pitava. Qualche volta in stazio­ne, quando le andava meglio da amici. Come la notte in cui s’è sentita male e ha pensato che in ospedale avrebbe ricevu­to aiuto. Mai, evidentemente, avrebbe immaginato di trovar­vi anche le manette. Allertata da un medico del pronto soc­corso di Conegliano, la polizia ha infatti arrestato una nigeria­na di vent’anni. Di fatto la pri­ma clandestina, forse al di là delle intenzioni del dottore, ad anticipare in Veneto l’applica­zione della norma contenuta nel pacchetto sicurezza attual­mente all’esame del Parlamen­to.
Mantenuto per giorni nel massimo riserbo, l’episodio s’è consumato fra la tarda serata di martedì e la mattinata di merco­ledì della scorsa settimana. Va­le a dire nel tempo intercorso fra l’accesso della giovane al Santa Maria dei Battuti e la sen­tenza pronunciata dal tribunale di Treviso. Al suo arrivo al Pron­to soccorso del nosocomio co­neglianese, la donna ha spiega­to di aver avuto un malore men­tre si trovava a casa di alcuni connazionali. Dopo essere stata visitata dal medico di turno, in­torno all’una, la ragazza sareb­be rimasta in osservazione per un paio d’ore, ottenendo le cu­re del caso. Ma per tutto quel tempo, l’africana si sarebbe ri­fiutata di fornire le proprie ge­neralità e non avrebbe fornito ai sanitari alcun documento, che del resto non aveva. A quel punto il medico avrebbe telefo­nato al 113, riferendo che nel­l’unità operativa era stata presa in carico una «paziente igno­ta ».
Il dottore avrebbe motivato la richiesta d’intervento alla for­za pubblica con la necessità di identificare la sconosciuta per fugare il rischio di problemi sa­nitari, riscontrabili ad esempio attraverso una verifica in ban­ca- dati, in quelle circostanze impossibile da effettuare. Comunque sia, il risultato è che in commissariato la nigeria­na ha finalmente detto come si chiamava. Dopo averla fotose­gnalata e sottoposta all’esame delle impronte digitali, i poli­ziotti hanno così appurato che la giovane era entrata illegal­mente in Italia, con tutta proba­bilità in uno dei tanti sbarchi a Lampedusa. A carico della don­na pendeva infatti un ordine di espulsione emesso dalla questu­ra di Agrigento, evidentemente disatteso. La mattina dopo l’immigrata è stata processata per direttissi­ma.
Davanti al giudice, l’impu­tata è scoppiata in lacrime, rac­contando di essere scappata dal­la Nigeria per sfuggire alla mor­te e di aver voluto cercare nella Marca una seconda possibilità. Al termine dell’udienza, l’extra­comunitaria s’è vista però com­minare una nuova intimazione a lasciare il territorio nazionale, senza accompagnamento. Chissà, quindi, se nel frat­tempo la straniera è stata effetti­vamente espulsa. Di sicuro la vi­cenda fa discutere, nel Veneto che (col veronese Federico Bri­colo, primo firmatario della pro­posta) ha dato la paternità poli­tica al passo del disegno di leg­ge che prevede l’abolizione del divieto per i medici di denun­ciare i clandestini. Sconcertato si dice Enrico Bernardi, prima­rio del Pronto soccorso di Cone­gliano: «Non ne sapevo nulla, approfondirò il caso. Ma se è ve­ro che un collega del mio repar­to ha denunciato una paziente perché clandestina, ha avuto un comportamento deontologi­camente scorretto, al di fuori delle regole che disciplinano il rapporto tra medici e ammala­ti. Il giuramento di Ippocrate ha più di duemila anni ed è basato su un fondamento etico ben preciso».
Nella versione moderna, il te­sto che recitano i neo-medici in­clude infatti la promessa «di at­tenermi ai princìpi etici della so­lidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della per­sona, non utilizzerò mai le mie conoscenze» e «di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupo­lo e impegno indipendente­mente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza». Aggiunge Bernardi: «La pau­ra ingenerata dalla denuncia po­trebbe indurre i malati a non ri­correre più alle strutture pubbli­che, causando notevoli rischi sul piano dell’igiene e della sani­tà pubblica. Un’autentica fol­lia ». Più cauto è Angelo Lino Del Favero, direttore generale dell’Usl 7: «Da quanto appren­do, il medico in questione ha agito secondo coscienza, in cir­costanze che sono tutte da ap­profondire. Il nostro Ordine ha una posizione precisa in mate­ria, ma allo stato non credo si possano ravvisare violazioni normative. Il problema è che questa donna è risultata clande­stina, ma l’esigenza sanitaria era di identificarla».

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